Il motion control ha fallito.

Il motion control ha fallito.

Non economicamente, ovvio: da quel punto di vista è stato uno dei successi più clamorosi della storia del videogioco, riuscendo a ribaltare le sorti di un mercato che sembrava ormai entrato in un circolo vizioso inarrestabile, creando un enorme bacino d’utenza completamente nuovo e riportando in cima al mondo un’azienda storica come la Nintendo, che in moltissimi ormai davano come fuori dal mercato delle home console.

E neanche tecnicamente: checchè se ne dica, le attuali periferiche per il motion control funzionano, e pure bene. Wii Motion Plus, Balance Board, Move e Kinect sono delle periferiche tecnologicamente eccezionali: potenti, efficienti, funzionali e a basso costo, portano nei nostri salotti un sogno che ha accompagnato il videogioco fin dai suoi esordi , e che nel tempo ci ha fatto spendere i nostri sudati risparmi per gli accessori più strani (come l’Atari Joyboard ricordataci da Mossgarden) tutti accomunati dal funzionare da poco e male.


Il tragicomico SEGA Activator..


Dove il motion control ha fallito è nella sua applicazione, nel gameplay.

O meglio, è il gameplay che ha fallito con il motion control.

Il reality check è piombato come un meteorite ormai inevitabile sulle teste di chi nonostante tutto ancora ci credeva proprio nel momento della definitiva consacrazione, ovvero al lancio di Move e Kinect: il fatto che, pur rispettando le promesse fatte in merito alle prestazioni, nè SonyMicrosoft non siano state in grado di trovare niente di meglio di scialbe imitazioni di Wii Sports per presentare le proprie periferiche, ha obbligato anche chi si rifiutava di vedere a riconoscere che dopo 5 anni il “controllo motorio” resta sostanzialmente costretto nell’ambito di multi-evento e party games.

Certo, si potrebbe sollevare il classico ‘squadra che vince non si cambia‘, e quindi se è vero che Wiimote+Wii Sports=$$$ era ovvio che ogni competitor, lanciata la sua periferica, avrebbe cercato di imitare anche la seconda parte dell’equazione, ma a 3-4 mesi dai rispettivi lanci una rapida occhiata alle liste di giochi disponibili per Kinect e Move lascia ancora a dir poco desolati.

Pur senza escludere che in alcuni casi si tratti di ottimi giochi (chiedete di Dance Central a Dollmasterz..) o di buone implementazioni “a posteriori” come Heavy Rain o Killzone 3, resta fortissima l’impressione che il problema non sia tanto nelle periferiche quanto negli sviluppatori: terrorizzati da un sistema produttivo che obbliga al risultato milionario e creativamente impoveriti da una domanda di titoli sempre uguali a se stessi, i game designer semplicemente non si sono dimostrati all’altezza delle aspettative, non riuscendo nè ad applicare efficacemente le periferiche di motion control all’hardcore gaming, nè a creare prodotti dedicati che fossero paragonabili per profondità e complessità (un minuto di silenzio per Milo & Kate, con tutta probabilità ucciso dalle paure di Microsoft).

Non che prendendo in considerazione anche Nintendo la situazione migliori gran che: come accennavo qualche tempo fa (“Gamecube – Wii: tradizione vs. innovazione“), la linea tenuta per il Wii è stata tanto coraggiosa e rivoluzionaria in principio quanto prudente e nostalgica una volta intravisti i soldoni che potevano essere fatti con la console, e lo stesso purtroppo è valso per il Wiimote, le cui caratteristiche uniche -al tempo- sono state malapena sfruttate nelle serie storiche, quando non ignorate deliberatamente. L’iniziale fiducia totale (dovuta alla situazione di partenza disperata) che ha portato Nintendo a imporre il motion control come caratteristica cardine della sua console è poi scemata pian piano, relegando il movimento ad un ruolo sempre più opzionale.

Se è vero che probabilmente non tutti i generi di gioco guadagnerebbero da un controllo motorio, e che in effetti anche da parte nostra c’è forse una certa impreparazione, è anche certo che si poteva e si doveva osare di più, molto di più, e senza osare il motion control non uscirà mai dalla sua nicchia, per quanto buone le periferiche possano essere.

E arriviamo finalmente al nocciolo della questione: se nè gli sviluppatori nè gli stessi produttori hardware si sono dimostrati in grado di trovare nuove soluzioni che giustifichino l’esistenza e scoprano le reali possibilità di questi nuovi sistemi di controllo, chi potrebbe farlo?

Ai più attenti non saranno sfuggite le fugaci dichiarazioni di Steve Ballmer, attuale CEO di Microsoft, e soprattutto l’intervento di John McCutchan di SCEA alla prossima GDC rispetto all’apertura delle rispettive periferiche al PC, così come alle succitate aziende non è sicuramente sfuggito il particolare momento di grazia in cui si trova l’ambito -sempre meno underground- dei giochi indipendenti.

L’impressione è quindi che Sony e Microsoft alzino le mani o quasi, confidando che tanti piccoli giocatori creativi riescano dove pochi, grandi sviluppatori hanno fallito, dando finalmente concretezza al motion control.

La speranza è che finalmente parta una gara a chi sfrutta meglio una periferica, la stessa gara in cui Nintendo sperava per la sua macchina ma che, essendosi essa stessa ritirata dalla competizione, si è persa fra migliaia di party games ed un forzato ritorno in voga del D-pad (e qui, pur con tutto l’amore che nutro per quel controller, caliamo un velo pietoso…); una gara dalla quale ovviamente non saranno esclusi neanche gli sviluppatori “ufficiali” più volenterosi, che perdono però quella sorta di diritto di prelazione garantito a chi ha il privilegio dell’accesso ai kit di sviluppo -e quindi all’hardware- di una console.

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D’altra parte la comunità ha già dimostrato di essere in grado di andare ben oltre quanto immaginato dai produttori hardware, partendo dalle imprese di Johnny Chung Lee con il Wiimote (peraltro poi assunto nel team che ha seguito il Kinect, a dimostrazione della diversa filosofia -giapponese e occidentale- rispetto alle idee ‘esterne’) per arrivare alle decine di hack del Kinect che escono ormai con cadenza regolare.

Affidare il videogioco ai videogiocatori è forse un rischio, ma è in linea con quel concetto di videogioco 2.0 che sta finalmente emergendo (Minecraft anyone?) e che rappresenta uno dei primi veri segni d’innovazione nel videogioco dall’avvento delle tre dimensioni, e forse è veramente l’unica mossa giusta rimasta da fare per riuscire finalmente a vedere che cosa sono veramente in grado di fare queste tanto decantate (in tutti i sensi.. ) periferiche di motion control.

Questo prima che finiscano anch’esse in quel limbo buio e umido dove riposano tutte le altre promesse tradite del videogame: la cantina.

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