Top 10 dei giochi Amiga dimenticati (o quasi) che rivorremmo su Xbox Live Arcade/Playstation Network/Virtual Console

Al di là del giudizio positivo o negativo che ognuno può avere sui rispettivi negozi online di Xbox360, Playstation 3 e Wii, Xbox Live Arcade, Playstation Network e Virtual Console/WiiWare hanno un merito indubbio: tengono viva la memoria del videogioco.

A differenza della musica o del cinema, media sempre attuali che vengono continuamente ripescati, riadattati, rimasterizzati, il videogame ha infatti il problema di essere strettamente legato alla piattaforma su cui è uscito a suo tempo e, con il succedersi delle macchine e la scarsa tendenza alla retrocompatibilità, questo porta tanti giochi a perdersi fra le maglie del tempo, lasciando vuoti spesso incolmabili e rendendo difficile ripercorrere compiutamente la storia a meno di non dedicarsi a emulazione e retrogaming, attività che comunque richiedono un certo impegno e spesso obbligano ad agire ai confini della legalità.

Oltre a questo, l’uscita sempre più massiccia e frequente di titoli, sommata ad un vorticoso turn-over delle software house e dei rispettivi copyright, porta alla perdita -in alcuni casi irrimediabile- di perle che gran parte dei videogiocatori rischia di non conoscere mai.

Proprio per questo da diversi anni a questa parte sono fioccati in rete siti come mobygames.com, i cui utenti si dedicano con abnegazione a mantenere viva la memoria storica del videogioco, e numerosissime comunità virtuali dedite alla rivitalizzazione, al rinverdimento e alla traduzione di vecchi capolavori, come ad esempio Ultima Babylon.

La restrizione all’ambito PC di questi progetti però, sommata con la crisi del computer come macchina da gioco, rischia di essere insufficiente, e così eccoci a parlare di 10 titoli per l’Amiga di cui ci piacerebbe tanto poter vedere un riadattamento (ma ci accontenteremmo anche di una riproposizione dura e pura, come d’altra parte avviene sulla Virtual Console) sugli online store delle console attuali.

Ovviamente ci aspettiamo ulteriori suggerimenti nei commenti!

10-Projectyle

A vent’anni di distanza ricordo ancora le furiose partite a questo strano, velocissimo incrocio fra Speedball e l’air hockey in cui fino a 3 giocatori in contemporanea (e 8 alternati!), con visuale dall’alto, cercano di spingere il disco/palla in una delle porte del campo, evitando nel contempo che gli avversari facciano altrettanto nella propria.

8 “squadre” fra cui scegliere ben caratterizzate anche se concretamente poco differenziate, bonus, power-up ed una geniale ed anomala composizione del campo, con la sua strana conformazione a croce che vede una stanza centrale connessa a 3 “defense zone”, contenenti ognuna la porta di un giocatore, più una quarta contenente le porte di tutti e tre i partecipanti. Il risultato è un delirio totale e forsennato, in cui abilità, strategia, rabbia, e conoscenza dell’avversario si fondono.

Perfetto per un eventuale multiplayer online, da una riconversione in 3D avrebbe forse più da perdere che da guadagnare, ma in ogni caso l’ostacolo più grande resta comunque convincere EA a ricordare e riprendere questa vecchia PI in animazione sospesa fra i dischetti da 3½.

9-Weird Dreams

Ancora più vecchio (22 anni!) il gioco della Best Ever Games Company, un puzzle/action/adventure decisamente lisergico, che ci vede nei panni di un paziente sotto i ferri in sala operatoria che viene rinchiuso nel proprio subconscio da un demone, e che si ritrova così a fare i conti con un ambiente malato e assurdo, in cui anche un’innocente bambina può nascondere brutte sorprese, e in cui un statua di pietra va abbattuta a colpi di…pesce.

Una trama di fondo “diversa” quindi, per un gioco che è un’imperdibile, autentica discesa nella follia ma che per rigidità ed una certa incoerenza nel gameplay difficilmente sarebbe giocabile oggi as is.

Un remake quindi dovrebbe ammorbidirne gli spigoli senza però compromettere la cripticità insita nel gioco e quell’aria insana che permea ogni singolo quadro. E magari prolungare un po’ l’esperienza visto che, tolte le difficoltà derivanti dai controlli allucinanti e dalle sopracitate incoerenze di gameplay (tipo “eviti un pericolo per tutto un quadro, e poi alla fine scopri che l’unico modo per finirlo è lasciarsi prendere“), la durata del viaggio si ridurrebbe drasticamente.

8-Moonstone: a hard days knight

Un titolo geniale -in tutti i sensi- quello Mindscape, che presenta caratteristiche invitanti ancora oggi.

La ricerca della moonstone infatti vedeva fino a 4 giocatori (che giocavano a turno, tranne in alcune occasioni) muoversi su una variegata mappa strategica costellata tanto di città e luoghi speciali, quanto di arene in cui combattere, grazie ad un sistema di controlli complesso e sicuramente da smussare ma ancora valido e divertente, e affrontare scontri all’ultimo sangue che potevano finire subito come durare interminabili minuti, ponendoci di fronte a creature di tutte le taglie e fogge (i draghi!), nonchè agli altri giocatori, in un PvP ante litteram.

Strategico, slasher, picchiaduro ad incontri, gioco di ruolo, Moonstone mescolava con sapienza tutti questi ingredienti aggiungendo litri e litri di sangue e, come si percepisce già dal sottotitolo, una abbondante dose di humor sfrontato e nerissimo.

Con un contenuto restyle grafico (ma anche senza, per quanto mi riguarda), il multiplayer online ed un sistema di controllo più gestibile grazie ai tanti tasti degli odierni joypad, potrebbe tornare sui nostri schermi anche domani, e sarebbe un must have ora come allora.

7-Neuromancer

Nel 1989 la Interplay pubblicò sulle maggiori piattaforme dell’epoca un gioco che era avanti, sia per la sua struttura — sia per il tema cyberpunk, almeno quanto era  indietro per quel che riguarda l’aspetto estetico, con una grafica dai colori sgargianti che ben poco si adattava ai mondi decadenti e fumosi descritti da William Gibson.

Si tratta di un gioco che meriterebbe il rispescaggio e l’aggiornamento in virtù delle proprie unicità, come ad esempio la dicotomia di fra il gameplay nel mondo reale, a metà fra un’avventura grafica ed un RPG, e quello nel cyberspace, che propone scontri con le IA a colpi di psicoanalisi o filosofia,  ambientati in una realtà virtuale per molti versi simile a quella vista ne “Il Tagliaerbe” e “Johnny Mnemonic“.

Una riproposizione odierna dovrebbe svecchiare pesantemente la grafica (a patto ovviamente di proporre anche la versione originale!) e rendere l’interfaccia di gioco più agile e accessibile.

6-Rocket Ranger

Ah, la Cinemaware!

Una software house unica che, nel breve pur periodo in cui fu sul mercato (dall’86 al ‘91) riuscì a lasciare un segno indelebile nella storia del videogioco: sin dal primo, indimenticabile Defender of the Crown, tutti i titoli della casa erano assolutamente fuori scala per qualità e carattere, con le uscite migliori tipicamente rappresentate da giochi multi-evento veramente unici e, con un po’ di elasticità, godibili a tutt’oggi.

Rocket Ranger, a parimerito con It came from the desert e Wings, rappresenta forse l’apice della produzione, differenziandosi però dagli altri due per un gameplay più vario, complesso e nonostante tutto coeso: gestire i nostri infiltrati sparsi per il mondo, decidere dove e quando intervenire personalmente, controbattere colpo su colpo il dilagare dei nazisti e nel contempo riuscire a raccogliere sufficiente lunarium da poter portare avanti la nostra guerra raccogliendo le parti del razzo che ci consentirà di distruggere le miniere lunari dei tedeschi rappresenta ancora una sfida non indifferente, che lascia poco spazio a compiaciuti sorrisi nostalgici.

Al di là della struttura multi-evento, che per funzionare oggi andrebbe forse meglio amalgamata, la varietà, la tensione e l’altissimo livello artistico restano ancora perfettamente intatti.

5-Hired Guns

Altro titolo “ibrido” quello di una DMA Design d’annata: da 1 a 4 giocatori infatti controllano 4 mercenari selezionati da un team di 12, ognuno dotato di caratteristiche peculiari e soprattutto di una propria finestra di visualizzazione alla Dungeon Master, in uno split-screen comunque necessario per gestire le meccaniche collaborative e consentire il controllo in tempo reale di ogni personaggio.

Un action-rpg sui generis quindi, che mescolando sapientemente ingredienti diversi riesce a risultare frenetico, impegnativo e coinvolgente; a suo tempo graziato da un lato tecnico eccellente, Hired Guns forse è carente solo sotto il profilo strettamente artistico, presentando ambienti dall’aspetto poco fantasioso ed in generale uno stile abbastanza anonimo.

Riportato in vita, il multiplayer di Hired Guns potrebbe essere veramente micidiale online, dove nonostante tutto continuano a mancare giochi collaborativi che richiedano qualcosa di più della semplice coordinazione occhio-mano. Per il resto, dal passaggio ad un 3D reale e fluido il gioco DMA avrebbe solo da guadagnare.

4-Battlechess

C’è davvero bisogno di descrivere quello che forse è il più famoso videogioco di scacchi da 22 anni a questa parte?

Non metto in dubbio che gli algoritmi d’intelligenza artificiale si siano evoluti da allora, ma la soddisfazione di vedere la regina ingoiata intera dalla torre resta ancora insuperata, e le tante, buffe e cruente scene ad ogni pezzo mangiato rendono ogni partita un grandguignolesco teatro di guerra, intriso dello humor pixeloso che ancora oggi solo i giochi migliori sono in grado di trasmettere.

I giochi di scacchi ogni tanto tornano sui nostri monitor e TV, emergendo dal sottobosco di un genere che è nato con i computer e che non morirà mai. si capisce veramente cosa aspettino a riproporlo!

3-Cadaver

Benchè non fosse particolarmente originale per impostazione e gameplay (nello stesso anno -1990- uscì anche l’ottimo Solstice per NES, e l’anno prima era già uscito lo storico Head over heels), e pur risultando un cerbero non indifferente, il gioco dei Bitmap Brothers trasudava personalità e profondità da tutti i pori.

Personalità derivante dallo stile inconfondibile dei BB, con il loro amore per la pseudo-monocromia pennellata ad arte,  gli ambienti stracolmi di particolari ed i personaggi tozzi ma incredibilmente solidi, a cui si sommavano scelte peculiari come quella di rendere protagonista un avido nano tozzo e ben poco atletico, che si ritrova prigioniero di un’avventura ben più grande di lui.

Profondità donata da un gameplay che superava i limiti del genere, ad esempio concedendo un ampio inventario all’interno del quale il giocatore poteva sondare tutte le proprie possibilità prima di gettarsi fra le grinfie del drago di turno, proteggendosi con pergamene magiche e quant’altro fosse stato fino a quel momento faticosamente recuperato nel dungeon.

Se a questo sommiamo il fatto che, nonostante tutto questo ben di Dio, si tratta comunque di uno dei titoli meno famosi e conosciuti della software house inglese, ecco che un ripescaggio odierno diventa davvero imprescindibile, per rendere giustizia a questo giocone ormai misconosciuto.

2-Ambermoon

Triste storia quella di Ambermoon: secondo titolo di quella che doveva essere una trilogia, in realtà si è trovato nello scomodo ruolo non soltanto di ultimo titolo della serie, ma anche di canto del cigno della Thalion, casa autrice di titoli particolari e spesso pregevoli, di cui non è riuscito comunque a risollevare le sorti nonostante si trattasse anche in questo caso un titolo valido e dall’altissimo livello qualitativo.

A tutt’oggi annoverato fra i migliori RPG mai usciti su Amiga e dotato di una ristretta ma coriacea schiera di fans, Ambermoon si presentava come complesso, profondo ed artisticamente ispiratissimo. L’impianto di gioco infatti sfruttava compiutamente molteplici punti di vista, presentando il mondo esterno e gran parte delle costruzioni con visuale dall’alto chiara ma ricca di particolari, l’esplorazione dei dungeons e delle strutture “speciali” con un 3D alla Wolfenstein ben realizzato anche per l’epoca (Ultima Underworld era già uscito) e infine gli scontri e i dialoghi in bellissime schermate fisse.

Un gioco estremamente versatile quindi, supportato da un’infrastruttura RPG più che soddisfacente, che mischiava eccezionalmente bene esplorazione, dialoghi e combattimenti a turni, il tutto adornato da funzioni di automap e teletrasporto per evitare l’eccesso di backtracking.

Triste storia, dicevamo, perchè oltre ad essere l’ultimo della sua stirpe, Ambermoon è rimasto pressochè misconosciuto, pur sopravvivendo nella memoria degli oldgamers proprio in virtù delle sue tante qualità, che lo fanno entrare a pieno titolo, e tanto in alto, in questa classifica.

1-Future Wars: Adventures in Time

Il recente ripescaggio e riaggiornamento dei primi due Monkey Island ha fatto sognare -e non poco- quella folta ma poco evidente schiera di appassionati delle avventure grafiche che ha permesso al genere di sopravvivere fino ad oggi e di rifiorire in tempi recenti.

E il sogno comune a questi inguaribili nostalgici e di veder riapparire pian piano sui propri schermi versioni rivedute e corrette, ma pur sempre rispettose, dei tanti e tanti titoli appartenenti al genere che a loro tempo hanno impegnato e fatto viaggiare con la fantasia quei videogiocatori che cercavano nei loro giochi storie interessanti ed appassionanti.

In questo scenario, Future Wars rappresenta è un gioco tanto importante quanto perso nelle nebbie del tempo, principalmente a causa della sua contemporaneità con un mostro sacro come Maniac Mansion, che rivoluzionò il genere sotto più di un aspetto.

Anche il titolo Delphine rappresentava infatti un tentativo, alternativo a quello di Gilbert e soci, di superare i limiti del genere, derivanti dal retaggio delle avventure testuali; purtroppo, rispetto al gioco Lucasfilm/Lucasarts il risultato ottenuto dalla casa francese è stato molto meno brillante ed immediato, pur ponendo le basi per una serie -la Delphine Cinematique– che raggiunse poi il suo apice con Cruise for a Corpse.

Inoltre, Future Wars ha il merito di aver portato sotto gli occhi di tutti l’incredibile talento grafico di Éric Chahi, autore poi di Another World/Out of This World, Heart of Alien, di Heart of Darkness e del prossimo Project Dust, la cui mano è percepibile sin dalla primissima, geniale inquadratura, in cui sulla vetrata del palazzo del quale il protagonista sta lavando i vetri possiamo vedere tutta la bellissima skyline cittadina.

Purtroppo, come dicevamo, Future Wars, senza un adeguata rinfrescata, oggi risulterebbe fondamentalmente ingiocabile per il giocatore medio, per tante piccole mancanze che sono ormai entrate nell’uso comune del genere: dall’assenza del pathfinding (quella funzione grazie alla quale, quando clicco su un oggetto, il personaggio si avvicina e poi interagisce automaticamente), l’eccesso di pixel hunting, le frequenti morti del protagonista e soprattutto l’imperdonabile possibilità di perdersi oggetti per strada, rimanendo poi irrimediabilmente bloccati più avanti nel gioco.

Corretti questi “acciacchi”, Future Wars tornerebbe a risplendere grazie alla sua sceneggiatura validissima e alla sua ottima impostazione grafica, che opportunamente smussata (e con qualche frame d’animazione in più..) potrebbe oltretutto fungere da fionda per il prossimo titolo di Chahi, attesissimo dai puristi ma di cui il resto della popolazione che videogioca sa poco o nulla.

Eccosi arrivati alla fine; ci sarebbero ancora tanti e tanti titoli da citare (e nulla vi vieta di farlo qui sotto, e di porre le basi per una top 20…o top 100…) ma per ora ci fermiamo qui, sperando di aver piacevolmente titillato i vostri ricordi o stimolato a riscoprire qualche gioiello del passato.

Nel frattempo speriamo che qualche publisher colga il nostro appello o che Nintendo si decida (come si vociferava tempo addietro) ad aprire una sezione della Virtual Console tutta dedicata alla storica piattaforma 16bit di mamma Commodore, così come d’altronde ha già fatto con il C64.

[Scritto in origine per InsideTheGame.it]

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